Paura. Una parola che negli ultimi giorni affolla la nostra mente e riempie i nostri discorsi. Il coronavirus ha diffuso negli animi dei più sensibili uno stato di paura che paralizza. Man mano questo sentimento però è giunto anche nei cuori dei più diffidenti, di quelli che pensavano fosse una semplice influenza, di quelli che pensavano che non potesse mai toccare loro, invece si ritrovano un familiare positivo al Covid-19.

Ma paura di cosa? Forse paura del non sapere cosa aspettarsi, oppure paura di quello che si potrebbe vivere se si venisse contagiati. Paura per la salute dei propri cari, paura per i più fragili, per i propri genitori e per i bambini. Paura di rimanere soli. L’ascolto e la lettura delle testimonianze delle persone colpite e dei medici che assistono i malati genera molta paura di vivere quella solitudine tremenda che accompagna la malattia. Poi ci sono le paure frutto della razionalità. Ovvero la paura di non poter lavorare ancora per molto tempo, paura di non poter far fronte alle spese. Non tutti hanno uno stipendio e le misure varate dal governo, quando saranno disponibili, non saranno destinate a tutti. La paura dei piccoli commercianti costretti a chiudere, paura dei più giovani, la paura delle c.d. partite iva. Per non parlare della paura di sentirsi prigionieri delle mura della propria casa, della paura che questo si prolunghi più del dovuto sentendosi dei condannati ai domiciliari.

Ma queste paure non sono del singolo, sono paure condivise con milioni di persone e non c’è paura che non si trasforma in speranza. La speranza che tutto possa passare velocemente, la speranza di cavarsela.

Da questo tempo però bisogna farsi interrogare. Quanti si sono mai soffermati a pensare a come viene impiegato il tempo, al valore delle piccole cose che adesso sembra immenso, ma che meno di venti giorni fa si dava per scontato. Quante cose e quante persone si sono date per scontato ed ora non c’è la possibilità di poter fare nulla. Quanti hanno mai pensato a quanto si è fortunati ad essere in un paese democratico dove ci si può spostare con serenità, quanti hanno veramente apprezzato la possibilità di essere cittadini del mondo prima che bloccassero la libera circolazione. Quanti hanno apprezzato il lavoro dei sanitari, dei medici di famiglia, degli operatori dei pronto soccorso. Quanti hanno ringraziato Dio per godere del sole, del mare.

Allora la speranza prende il sopravvento. Si spera che questa paura, queste tenebre possano servire ad apprezzare la luce che tornerà a splendere ed illuminare le giornate, che tornerà a scandire quel tempo che fino ad ora è stato sciupato, ma che adesso si impara a sfruttare al meglio, si impara a dedicare a chi è importante, a ciò che è vitale, ma nel vero senso della parola e magari si imparerà veramente a rispettare sé e l’altro.

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