Il vino è sicuramente la storia del territorio vesuviano. Tuttavia, solo negli ultimi quindici anni si è riscoperto il punto di forza del settore enologico nel nostro areale vulcanico. Vi raccontiamo, a tal proposito, la storia della famiglia Sorrentino, attiva da generazioni nella produzione e nella valorizzazione del vino, simbolo della nostra terra.

L’azienda nasce da una storia di amore e passione di Benigna che, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, scopre la sua passione per la natura e per la coltivazione della vite. Tutto inizia con la gestione del ‘moggio’ di proprietà in cui vengono conservati tutti i vitigni autoctoni a piede franco. Successivamente, il figlio Paolo Sorrentino eredita i beni di famiglia e inizia un percorso di espansione del comparto viticolo negli anni ’90. Attualmente, l’azienda vitivinicola viene portata avanti dalla terza generazione, rappresentata dai tre figli di Paolo Sorrentino: Benny, Giuseppe e Maria Paola.

Le vigne, situate in via Fruscio a Boscotrecase, si estendono per oltre quaranta ettari: la più grande estensione sul territorio vulcanico. A partire dalla seconda generazione è iniziato un lavoro di recupero di fondi abbandonati, che tutt’oggi viene continuato. In tal senso, l’azienda conta su una grande estensione territoriale, segno di un’indiscutibile storicità.

I vini maggiormente prodotti sono quelli del Vesuvio, caratterizzati da un’inconfondibile mineralità, favorita dalla porosità del terreno. Quest’ultimo risulta intervallato da una grande quantità di lapilli e pietre vulcaniche, che contribuiscono all’esplorazione del terreno da parte della radice. L’azienda Sorrentino, che conta su un gran numero di vendemmie e vitigni di proprietà, ha portato avanti un progetto di innovamento delle tecniche, conservando comunque la tradizione e mantenendo la qualità del prodotto finale. Un esempio celebre è rappresentato dalla fermentazione in acciaio, controllata con lieviti autoctoni selezionati, e dal miglioramento della filtrazione, accompagnato dalle modifiche apportate al disciplinare di produzione. Il risultato è quello di un vino franco e pulito, che al tempo stesso conserva le caratteristiche varietali e sensoriali. Non viene affatto sconvolta la vita del vino, in quanto l’obiettivo principale è far sì che nasca e si conservi in maniera naturale, eliminando l’utilizzo di sostanze chimiche. L’attuale terza generazione, che riceve l’arte del fare vino, concretizza numerose idee volte a valorizzare tutte le coltivazioni in regime biologico. 

Benny Sorrentino, enologa dagli occhi appassionati, ci racconta: “L’ausilio del freddo è una tecnica che applichiamo. Proprio grazie a quest’ultimo riusciamo a controllare alcune filiere nella fase precedente alla fermentazione, per far sì che non possano partire fenomeni fermentativi che alterino il vino. Inoltre, siamo i primi ad aver spumantizzato sul Vesuvio, dapprima con un metodo classico e poi con il metodo Charmat.  Siamo riusciti ad introdurre anche la macerazione del vino e abbiamo creduto in alcuni vitigni del tutto sconosciuti, come il Greco di Tufo che in pochi coltivavano”.

Inoltre, dagli anni 2000, l’azienda Sorrentino accoglie i turisti nelle sue country houses, dislocate sul territorio coltivato. Ciò permette loro di passeggiare tra le vigne alle pendici del Vesuvio e si basa su un principio ben chiaro: lo straniero non deve solo vedere una realtà, ma deve vivere il racconto di un vino e della gastronomia accompagnata ad esso mediante un’esperienza multisensoriale.

Benny Sorrentino ci spiega come la principale produzione del Vesuvio sia proprio quella del vino che, a differenza degli altri eccellenti prodotti vulcanici come il pomodorino del Piennolo, il suo processo riguardi tutto l’anno (dalla potatura alla vendemmia). Inoltre, concludendo, aggiunge: “Il vino a cui mi sento maggiormente legata è il Benita ‘31, che ci regalò nonna. Questo vino riporta il suo nome e ne rappresenta la versione dittatoriale: per quanto amorevole fosse, c’erano comunque delle regole da rispettare con lei. Mia nonna ci ha trasmesso la passione per la bevanda di Bacco ed è grazie a lei se oggi la vite alimenta le nostre vite; è proprio attraverso il vino che raccontiamo le nostre vite vulcaniche”.

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